sabato 13 dicembre 2014

IMU E TASI SCADENZA DEL 16 DICEMBRE 2014

La Tasi è la Tassa sui servizi indivisibili, l’imposta comunale istituita dalla legge di Stabilità che rappresenta il vero dilemma del 16 ottobre. Si stima che coinvolgerà 15 milioni di italiani, tra proprietari e inquilini. E sta mandando in crisi molti contribuenti, alle prese con aliquote e calcoli estremamente complessi.

La Tasi si applica a tutti gli immobili situati sul territorio nazionale, incluse le prime e seconde case, gli uffici, i negozi, i capannoni, le pertinenze, e con l’unica eccezione dei terreni agricoli. Deve essere pagata da proprietari e inquilini, in diversa misura.

La scadenza non è arbitraria, ma dipende dalle tempistiche con cui i Comuni hanno deliberato le aliquote applicate agli immobili sul territorio di riferimento. Ci sono anche dei Comuni, circa 600, che non hanno emesso per tempo la delibera, costringendo i cittadini a pagare la tassa in un’unica soluzione entro il 16 di dicembre: in tal caso si applicherà l’aliquota di base dell’1 per mille. L’elenco delle delibere dei Comuni, con relative date e scadenze, è consultabile al sito del ministero delle Finanze.

Uno dei problemi principali della Tasi sta nel fatto che ciascun contribuente deve calcolarla per conto proprio: non saranno le amministrazioni locali a comunicare l’importo dovuto. E il procedimento per arrivare al totale è abbastanza complesso. La metodologia è questa: la rendita catastale dell’immobile deve essere rivalutata del 5% e moltiplicata per un coefficiente pari a 160 per case e abitazioni, a 80 per gli uffici, a 55 per i negozi, a 65 per gli immobili strutturali. Il risultato va quindi moltiplicato per le aliquote stabilite dai singoli Comuni italiani; al totale vanno sottratte eventuali detrazioni. Gli inquilini dovranno pagare una quota della Tasi compresa tra il 10 e il 30%, come stabilito dalle amministrazioni comunali. Insomma, forse per andare sul sicuro è meglio rivolgersi a un Caf (Centro di Assistenza Fiscale).

Per quanto riguarda l’Imu, il punto di partenza è la rendita catastale dell’immobile. Il dato può essere reperito dal rogito catastale o dalla dichiarazione dei redditi, e indica in pratica quanto renderebbe teoricamente l’immobile se fosse dato in affitto. Il valore va poi rivalutato del 5% e moltiplicato per un coefficiente fisso pari a 160(aumentato del 60% rispetto al coefficiente della vecchia Ici). Supponiamo ad esempio che la rendita catastale di un immobile sia pari a 1.000 euro. La rivalutazione è quindi di 1.000 euro più il 5% di 1.000 euro (vale a dire, 50 euro): fanno 1.050 euro in tutto. Moltiplicando per 160, il risultato finale è pari a 168mila euro.

Niente panico, ovviamente non è questo il valore dell’Imu. C’è un passaggio successivo da effettuare. L’importo ottenuto, infatti, è quello sul quale si applica l’aliquota fissata dal decreto Salva Italia e modificata dai singoli comuni. L’aliquota di base è dello 0,4% (il 4 per mille) per l’abitazione principale (quella in cui ogni cittadino ha la propria residenza fiscale e in cui dimora abitualmente) e dello 0,76% per la seconda casa. Le amministrazioni comunali possono modificare queste percentuali a livello locale, alzandole o abbassandole dello 0,2% (per le abitazioni principali) e dello 0,3% (per le seconde case). Poichè lo Stato si riserva la metà del gettito derivante dall’Imu, e vista la necessità dei Comuni di raggranellare risorse, è facile prevedere che la maggior parte degli enti locali si terrà comunque su valori di aliquota vicini ai massimi. Nell’esempio, quindi, un’aliquota dello 0,4% su 168mila euro (per una rendita catastale di 1.000 euro) implica un eborso di 672 euro. C’è però la possibilità di detrarre 200 euro sulla prima casa (il totale dell’esempio scenderebbe così a 472 euro) e altri 50 euro per ogni figlio. Per pagare è possibile utilizzare il modello F24, disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, effettuando il versamento tramite la propria banca (anche via home banking) o tramite intermediari abilitati come i Centri di assistenza fiscali (Caf) dislocati sul territorio.

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